
Oggi, 26 aprile 2025, ricorre il 39° anniversario del disastro nucleare di Chernobyl, avvenuto il 26 aprile 1986. È stato il più grave incidente nucleare della storia, classificato al livello 7 dell’International Nuclear Event Scale (INES), il massimo grado di pericolosità previsto e ha investito anche il Veneto
Cos’è successo a Chernobyl?
Alle 01:23 del mattino, durante un test di sicurezza nel reattore 4 della centrale di Chernobyl, situata vicino a Pripyat, nell’allora Unione Sovietica (oggi Ucraina), si verificarono una serie di errori umani e difetti di progettazione che portarono a una catastrofica esplosione.
Il reattore esplose, rilasciando enormi quantità di materiale radioattivo nell’atmosfera. Le radiazioni contaminarono vaste aree dell’Unione Sovietica e dell’Europa, con effetti che perdurano ancora oggi.
Vittime e conseguenze
Immediatamente dopo l’esplosione, due lavoratori morirono. Nei mesi successivi, 28 pompieri e operatori persero la vita per sindrome acuta da radiazioni. In totale, circa 134 persone svilupparono sintomi gravi di esposizione alle radiazioni.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le stime a lungo termine prevedono fino a 9.000 decessi per tumori legati all’incidente in Ucraina, Bielorussia e Russia.
Le operazioni di evacuazione coinvolsero inizialmente 116.000 persone, e nei mesi successivi altre 230.000 furono trasferite a causa della contaminazione. La città di Pripyat fu completamente abbandonata.

Commemorazioni e situazione attuale
L’Ucraina e altri paesi oggi commemorano le vittime e gli eroi del disastro. Si tengono cerimonie ufficiali per onorare i “liquidatori” che intervennero nelle ore e nei giorni successivi all’incidente.
La zona intorno alla centrale, conosciuta come “zona di esclusione”, rimane in gran parte disabitata. Nel 2016, è stato completato il “New Safe Confinement”, una nuova struttura che racchiude il reattore danneggiato e riduce il rischio di ulteriori dispersioni radioattive.
Tuttavia, la sicurezza dell’area resta un tema critico. Recentemente, un attacco con droni ha danneggiato parte della struttura di contenimento, sottolineando la vulnerabilità del sito.
Le conseguenze in Italia e in Veneto
la nube radioattiva di Chernobyl ha raggiunto anche l’Italia, compreso il Veneto, nei giorni successivi all’esplosione del 26 aprile 1986. I venti portarono particelle radioattive su gran parte dell’Europa, e in Italia si registrarono livelli anomali di cesio-137, iodio-131 e altri isotopi.
Nel Veneto, così come nel resto del paese, furono adottate misure precauzionali. In particolare:
- Limitazioni alimentari: fu sconsumato o vietato il consumo di verdura a foglia larga, latte fresco e carne di pascolo per ridurre l’assunzione di radionuclidi.
- Chiusura temporanea delle scuole: in alcune aree del Veneto furono sospese le attività scolastiche, soprattutto nelle giornate immediatamente successive all’arrivo della nube, come misura precauzionale.
- Controlli sui prodotti agricoli: furono attivati controlli su latte, acqua e coltivazioni agricole per monitorare i livelli di contaminazione.
- Indicazioni alla popolazione: vennero diffuse raccomandazioni di evitare esposizioni prolungate all’aperto e di adottare misure igieniche come il lavaggio accurato degli alimenti.
- Distribuzione di iodio: contrariamente a quanto avvenuto in altri paesi più vicini a Chernobyl, in Italia non fu fatta una distribuzione massiva di pastiglie di iodio stabile, che avrebbero potuto saturare la tiroide e ridurre l’assorbimento dello iodio radioattivo.
Va ricordato che all’epoca le informazioni arrivarono con ritardo, e le prime misure furono prese solo dopo che i livelli di radioattività erano già elevati, a causa della mancata comunicazione immediata da parte delle autorità sovietiche.
Effetti a lungo termine della nube di Chernobyl in Veneto
Dopo il passaggio della nube radioattiva sulla regione, furono registrati livelli elevati di radioattività soprattutto nei terreni agricoli, nei pascoli e nelle acque superficiali. Le sostanze principali riscontrate furono cesio-137 e iodio-131, entrambi isotopi radioattivi con proprietà e tempi di decadimento differenti:
- Iodio-131: ha una vita media breve (circa 8 giorni), quindi i suoi effetti furono limitati al breve periodo, ma con possibili impatti sulla tiroide, soprattutto nei bambini.
- Cesio-137: ha una vita media molto più lunga (circa 30 anni) e fu responsabile di una contaminazione più persistente nel suolo e negli ecosistemi.
Monitoraggi e studi successivi
Nel corso degli anni, diverse indagini hanno monitorato gli effetti residui:
- Agricoltura: subito dopo l’incidente, alcuni terreni del Veneto presentarono livelli di contaminazione da cesio-137 superiori alla norma, specialmente nelle zone montane e prealpine. Tuttavia, le concentrazioni si ridussero progressivamente negli anni grazie al decadimento naturale e alle bonifiche.
- Allevamento: il latte fresco e i prodotti lattiero-caseari furono tra i più controllati. Nei primi mesi furono segnalati livelli di radioattività sopra i limiti di sicurezza, poi normalizzati entro il 1987.
- Fauna selvatica: in alcune aree boschive e montane del Veneto si rilevarono tracce di cesio-137 nella carne di selvaggina (come cervi e cinghiali) anche a distanza di decenni, seppur a livelli molto bassi.
Salute pubblica
Nonostante i timori iniziali, gli studi epidemiologici condotti in Veneto e in altre regioni italiane non hanno riscontrato un aumento significativo di tumori tiroidei direttamente collegabile alla nube di Chernobyl.
Tuttavia, a livello prudenziale, alcuni ricercatori continuano a monitorare i dati epidemiologici, soprattutto relativi ai tumori della tiroide, che sono comunque soggetti a molteplici cause.
Eredità attuale
- Cesio-137 è ancora oggi rilevabile in quantità minime nei suoli più alti delle Alpi venete, ma è considerato non più pericoloso per la salute pubblica.
- La memoria dell’incidente ha portato alla creazione di protocolli di emergenza radiologica aggiornati e a una maggiore attenzione nella gestione di eventuali incidenti futuri.