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Disabilità: come il Coronavirus accentua le discriminazioni

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“Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla.”(Martin Luther King)

Dal 9 marzo 2020, prima con “Italia protetta” e poi con i successivi decreti, le libertà personali hanno subito considerevoli limitazioni. Poniamo però l’attenzione verso chi sta vivendo una doppia quarantena – perché, temiamo, continuerà ben oltre il 13 aprile 2020, ultima data indicata dal DPCM: stiamo parlando dei cittadini affetti da disabilità o da qualsiasi altra condizione di non piena autosufficienza.

La cantante Madonna sostiene che “il Covid è il grande livellatore sociale” e se ce lo dice lei, chi siamo noi per obiettare?

D’altronde, i disabili, coloro che potrebbero realmente contraddirla, sono “senza voce”, ridotti spesso al silenzio da politiche sociali lacunose e solo superficialmente inclusive.

E’ doveroso invece evidenziare che le differenze esistono, eccome. E crescono. In modo invisibile. Come un virus, serpeggiano nelle case di coloro che, per comodità, chiamiamo “i disabili”, ma che vanno a comprendere una cangiante varietà di bisogni, situazioni, capacità fisiche e intellettive.

Richiedere regole comuni di prevenzione e contenimento è implicitamente discriminatorio, se non si parte dall’assunto che le necessità di partenza sono diverse.

Gli aggiornamenti specifici relativi alle norme che riguardano i disabili da parte dell’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità denotano buona volontà, ma sono insufficienti.

A partire dalla basilare norma igienica di protezione – “laviamoci spesso le mani!” – che potrebbe essere ostacolata da lavandini poco accessibili o da difficoltà fisiche a sfregare le mani, come nel caso di anziani, persone affette da disabilità cognitiva o patologie invalidanti, quali l’artrite reumatoide.

I non vedenti vivono il mondo attraverso le mani e hanno necessità di toccare le cose per ottenere informazioni dall’ambiente circostante, come racconta F. in merito alla madre: “è sola, non esce di casa perché dovrebbe toccare tutto, a partire dal corrimano delle scale. Non può fare la spesa perché ha bisogno di essere accompagnata e stare al braccio di altri. Ha paura di farsi recapitare i beni di prima necessità perché potrebbe aprire la porta senza sapere che il corriere è ancora lì.

La comunità dei sordi vive nel terrore della mascherina e non per scelleratezza, ma perché consapevole che questo oggetto recherà loro difficoltà nel leggere il labiale. Una paura che non riguarda solo il contagio, il possibile ricovero (potete riuscire ad immaginare cosa significhi essere intubati senza che nessuno possa comunicarvi quello che sta succedendo o confortarvi in qualche modo?), ma anche la vita di tutti i giorni.

Per fortuna, a sollevarci la coscienza, ci danno notizia i giornali che “una studentessa cuce gratis mascherine trasparenti per i sordi”. Titolo fuorviante perché le mascherine trasparenti non servono ai sordi, ma al resto della comunità.

M. racconta come sia stato “terrificante andare in Posta. L’impiegata, munita di mascherina, si è ben presto scocciata di dovermi ripetere e spiegare le cose. In quel momento sono andata nel panico. Perché non ho insistito nel fatto che sono sorda e che non era colpa mia? Razionalizzando penso che la ragione recondita sia che non voglio che l’interlocutore mi consideri stupida. Perché non ho chiesto di scostare la mascherina, mantenendo le distanze? Temevo di creare una situazione di pericolo.

MC, invece, lavora come fisioterapista in una residenza per anziani: “ci troviamo in difficoltà. Ci sono state date indicazioni di rimanere almeno a un metro distanza, ma è impossibile svolgere il nostro lavoro. Utilizziamo la mascherina chirurgica per proteggere i pazienti. Chi ha un deficit uditivo non ci comprende, chi ha un deterioramento cognitivo ha difficoltà a capire le nostre espressioni e interazioni con relativa confusione”.

È paradossale constatare come gli aspetti più rilevanti che riguardano la salvaguardia della nostra salute – quarantena, distanziamento sociale, mascherine e guanti – siano gli elementi che più stanno impattando negativamente nella vita dei disabili.

Se il Coronavirus ci sta davvero insegnando qualcosa verso i disabili, speriamo che non sia la tolleranza, generica indulgenza per l’allentamento delle misure anti contagio che i loro bisogni ci impongono.

Piuttosto coltiviamo il venirsi incontro, il chiedere “di cosa hai bisogno? posso aiutarti?” perché le vere barriere di oggi non sono solo architettoniche (in, fondo, dobbiamo a stare a casa, no?), ma quelle della comunicazione.

Approfondiremo alcuni aspetti del tema nei prossimi giorni, anche a partire dalle vostre testimonianze. Se volete inviarci i vostri appelli, parlarci delle vostre paure o, semplicemente, esprimere la vostra opinione scriveteci: sofiaf.valdotv@gmail.com

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Sofia Facchin

Freelance nell'ambito della comunicazione e content writer, con il pallino della promozione territoriale, collabora con diversi enti, fra cui l'Associazione Musicale "Toti dal Monte" e la formazione musicale "Piccola Orchestra Veneta", di Solighetto (Tv).  Attualmente è  impegnata nello sviluppo del progetto personale "Proprio Dietro Casa", finalizzato alla valorizzazione del Veneto, non solo come meta turistica, ma anche come "luogo dell'anima". Sofia coltiva la passione per i Paleoveneti, dalla cui sapienza antica trae spunti per itinerari e riflessioni sul mondo che la circonda.

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